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09.02.2022
| Tempo di lettura: 5 min

Blockchain for business, servono certezze e collaborazione

Il 67% dei progetti operativi in ambito blockchain riguardano il business, ma le aziende sono ancora “in attesa”

I dati dell’ultimo Convegno dell’Osservatorio Blockchain evidenziano progetti blockchain sempre più operativi, con l’Italia ancora nella top10 dei paesi per presenza di progetti. Ma bisogna lavorare su interoperabilità, normativa e competenze.

In questo articolo scoprirai:

Se dovessimo descrivere con linguaggio politico l’atteggiamento delle aziende italiane nei confronti della tecnologia blockchain, potremmo dire che si tratta di “prudente ottimismo”.

Secondo quanto emerso al Convegno finale dell’Osservatorio Blockchain 2021, nel panorama italiano i progetti operativi non mancano ma le aziende ancora non investono in modo importante. Non diffidenza ma cautela, dunque, principalmente dovuta alla scarsa conoscenza della tecnologia in sé, dei suoi benefici e dei casi d’uso, ma non solo.

Il panorama internazionale: sempre più operatività

Dalla sperimentazione all’operatività: dei 1615 casi totali censiti dall’Osservatorio negli ultimi 6 anni a livello mondiale, il 46% sono oggi progetti operativi, di cui ben il 67% riguardano la “blockchain for business”, le applicazioni nell’ambito dei processi aziendali. 

Un segnale positivo di avviamento verso la maturità delle applicazioni, ancora trainate dal settore finance, in cui questa tecnologia è nata, ma decisamente con minor forza rispetto al passato. Se nel 2016 la percentuale di progetti blockchain in questo settore raggiungeva il 60%, oggi si ferma al 38, in favore del mondo PA (16%) e Agrifood (6%).

Particolarmente rilevante in ambito government è il progetto europeo EBSI (European Blockchain Services Infrastructure), l’infrastruttura interoperabile e collaborativa su cui le PA europee potranno costruire soluzioni basate su tecnologie blockchain caratterizzati da elevati livelli di sicurezza e privacy, sul cui modello è stata successivamente sviluppata IBSI (Italian Blockchain Service Infrastructure).

La blockchain in Italia

Nonostante gli investimenti misurati, l’Italia si riconferma nella “top 10” dei paesi per presenza di progetti – 26 per la precisione -, a pari merito con Australia, Corea del Sud e Francia e di cui il 59% sono già a livello operativo. Anche nel nostro paese i settori in cui si investe maggiormente sono finanza e assicurazione (50%), PA (14%) sulla spinta di EBSI e IBSI, Agrifood con progetti di tracciabilità di filiera, ma anche il mondo delle Utility (10%).

Per approfondire: IN2DAFNE, l’innovazione a beneficio dei pazienti

Ma perché questa cautela negli investimenti blockchain da parte delle aziende italiane? Principalmente, si è detto, a causa di una limitata conoscenza dei benefici, della tecnologia e dei possibili casi d’uso. Una generica mancanza di competenze, potremmo dire, soprattutto a livello manageriale, che non viene però risolta nei percorsi di formazione universitari.

Il punto di vista di Intesa

Secondo Giuseppe Mariani, General Manager di Intesa, intervenuto al convegno: «Ciò che oggi sembra mancare è, nel mondo universitario, la presenza di percorsi formativi robusti, inglobati nei percorsi più tradizionali. Prevale invece un’offerta generalista, che non può rispondere in modo efficace alla domanda di professionisti in specifici verticali in grado di offrire chiarezza agli operatori economici attorno alla tecnologia e ai suoi utilizzi. Occorre, quindi, che tutti gli operatori nel settore blockchain e in primis le università contribuiscano a creare percorsi di formazione solidi, in grado di supportare la crescita sana di nuovi modelli di business abilitati dalla tecnologia blockchain».

La carenza di investimenti non si spiega però solo con la mancanza di competenze. Secondo l’Osservatorio Blockchain & DLT, a concorrere nella timidezza delle aziende italiane troviamo anche la necessità, intrinseca nei progetti blockchain, di creare ecosistemi, e quindi collaborare con altre aziende. Oltre a una normativa che non offre né certezze né garanzie.

Per approfondire: Smart contract e blockchain: questioni normative aperte

Continua Mariani: «La comprensione normativa della tecnologia blockchain è ancora agli inizi, e questa incertezza sta inibendo l’adozione della tecnologia. L’auspicio è però che le aziende pubbliche e private possano collaborare con legislatori e figure politiche e istituzionali per delineare un solido quadro normativo in grado di governarla, su esempio di EBSI e IBSI. Per quanto riguarda l’interoperabilità, molte delle iniziative su blockchain sono sistemiche, quindi per le aziende è fondamentale cercare di creare un ecosistema di partner, per trarre il massimo valore da questa tecnologia collaborativa. Fortunatamente la diffusione massiva di piattaforme ha sicuramente rimarcato questa esigenza, e la consapevolezza è ormai presente all’interno delle community blockchain».

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