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17.08.2021
| Tempo di lettura: 5 min

ISTAT 2021, il punto sulla digitalizzazione delle imprese

Persiste la carenza di competenze digitali, sopra la media cloud e fatturazione elettronica

All’avvio del PNRR, l’Italia risulta ancora carente nella diffusione delle figure e delle competenze ICT, ma può vantare ottimi risultati nelle tecnologie cloud e di scambio elettronico dei documenti. Nel suo ultimo rapporto, l’ISTAT guarda anche al futuro del retail.

Condizione economica di famiglie e imprese, variazioni demografiche, percentuale di occupazione, capitale umano e transizione ecologica. A inizio luglio l’ISTAT ha rilasciato il suo rapporto annuale, pubblicando i “numeri ufficiali” di un’Italia segnata dalla pandemia e che si trova ora all’avvio del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, una grande opportunità data dal programma Next Generation EU. I fondi stanziati dall’UE hanno l’obiettivo di rilanciare gli investimenti, recuperare i livelli di attività pre-crisi e mitigare gli effetti economici e sociali del Covid-19, puntando anche su digitalizzazione e transizione ecologica.

Ma a che punto è arrivata la digitalizzazione delle imprese italiane nel 2020? Ecco alcuni dati evidenziati dalla ricerca.

Donna e uomo che guardano un computer

Ancora un problema di competenze

All’innovazione tecnologica saranno riservati il 27% dei fondi UE. Una quota importante, che cercherà di colmare la profonda carenza di competenze digitali evidenziata dal rapporto DESI e che ci vede quartultimi nella classifica complessiva europea.

La carenza di competenze digitali è effettivamente confermata anche dal rapporto ISTAT, che parla di una “carenza sistemica”: dal 2012 il numero di specialisti delle tecnologie informatiche e digitali è aumentato di circa il 77% in Francia, del 50% in Germania, del 35% in Spagna e solo del 18% in Italia.
Un problema di investimenti formativi. Se, infatti, anche in Italia aumentano (lentamente) sia il numero di occupati nelle professioni ICT sia il numero di lavoratori che utilizzano abitualmente un computer, nel 2020 è calata drasticamente la quantità di imprese che ha svolto formazione in questo ambito.

Grafico - L'aumento di professionisti ICT

Tecnologie digitali: un asset doppiamente strategico

La carenza di competenze ICT specializzate si riflette anche sull’adozione di tecnologie digitali avanzate da parte delle imprese italiane. In particolare l’analisi di grandi volumi di dati (Big Data), in rapida crescita in Europa, si ferma al 9% in Italia, contro il 18% della Germania e il 22% della Francia.*

Situazione opposta si trova invece nell’ambito dei servizi cloud, con un balzo nei servizi evoluti (software, potenza di calcolo) dall’11 al 32% tra il 2018 e il 2020 contro la media europea di crescita al 21%, e dell’automazione per lo scambio di documenti commerciali, sulla spinta della fatturazione elettronica obbligatoria introdotta nel 2018. Se l’Italia raggiunge il 95% di adozione nelle imprese, Francia e Germania si fermano intorno al 20%.
Superiore alla media europea è anche l’adozione di tecnologie IoT e di Artificial Intelligence, con un’incidenza percentuale rispettivamente del 20% e del 7%.

Grafico - La diffusione delle tecnologie digitali

L’ISTAT, inoltre, non manca di notare l’importanza strategica delle tecnologie digitali, non solo per la ripresa del Paese ma anche per il raggiungimento degli obiettivi di transizione ecologica: “Se la rapidità della loro diffusione (riferito alle tecnologie digitali, ndr) ed evoluzione le ha rese già da tempo un asset importante per l’attività delle imprese, oggi rappresentano una componente strategica sia per il mantenimento della competitività attraverso l’innovazione, sia per l’evoluzione dei sistemi produttivi verso una maggiore sostenibilità.

L’e-commerce sostituirà l’offline?

Per le imprese che prima della pandemia si affidavano ai canali di vendita retail, le chiusure obbligate hanno reso necessario un potenziamento e una diversificazione dei canali digitali di vendita e di comunicazione con la clientela. Primo fra tutti l’e-commerce, cresciuto del 42%, e non solo: grande importanza hanno rivestito anche le piattaforme di vendita diretta, quali social media e marketplace.

Una polarizzazione sui canali digitali e una differenziazione che, per trovare vera utilità, deve essere anche valorizzata: “Un aspetto cruciale di questi strumenti” evidenzia il rapporto “è rappresentato dalla possibilità di generare un flusso di informazioni su caratteristiche, preferenze e aspettative della clientela che – adeguatamente raccolte ed elaborate − sono da considerare, anche per le micro-imprese, un cruciale asset produttivo nella fase di ripresa post-COVID.

Il rapporto ISTAT 2021 prova però a rispondere con i dati anche a una questione cruciale per il retail del prossimo futuro: ora che risulta evidente l’importanza del canale digitale, quale sarà il livello di sostituzione dell’e-commerce rispetto alla vendita offline? Confrontando il fatturato del commercio online con il canale offline per l’anno 2019 con le previsioni per gli anni 2020 e 2021, la risposta è che il grado di sostituzione sarà comunque molto limitato. Nel 2020 la quota di fatturato offline è diminuita – a favore dell’online – del 2,1%, mentre per il 2021 di attende una riduzione del 1,2%.

L’e-commerce dunque acquisirà solidità, ma – almeno per il momento – non sostituirà l’offline e il retail. Una previsione che conferma ancora una volta la necessità di creare una customer experience sempre più omnicanale, coerente e bilanciata tra i canali online e il retail.

* Dati del 2019.

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