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18.10.2019
| Tempo di lettura: 4 min

Perché la Blockchain è un sistema di “validazione temporale elettronica”?

Come cambia il concetto di marcatura temporale nelle architetture DLT e i vantaggi per i processi approvativi in ambito smart contract.

La blockchain, intesa come sistema di validazione temporale elettronica in ambito smart contract, è una buzzword fin troppo abusata negli ambienti dell’innovazione. Una tecnologia, un approccio che negli ultimi anni – tra qualche perplessità dovuta anche alle criptovalute come Bitcoin – ha promesso tantissimo, ma che non si è ancora affermata come strumento di espressione del consenso e di certificazione delle informazioni conservate nei registri distribuiti. Un rallentamento dovuto non tanto allo sviluppo delle soluzioni basate su DLT (Distributed Ledger Technology), che prosegue incessantemente grazie all’iniziativa di consorzi e tech company, quanto per l’appunto alle remore che aziende, organizzazioni ed enti pubblici hanno avuto nel concepire il salto prima di tutto culturale che presuppone l’adozione della blockchain.

D’altra parte, anche sul fronte normativo, i legislatori di tutto il mondo hanno fatto non poca fatica a tenere il passo con la rapida evoluzione digitale e con i sempre più frequenti fenomeni di convergenza tecnologica in atto. In Italia è stato il recente Decreto Semplificazioni a introdurre per lo meno una definizione dello strumento: “un registro condiviso, distribuito, replicabile, accessibile simultaneamente, architetturalmente decentralizzato su basi crittografiche, tali da consentire la registrazione, la convalida, l’aggiornamento e l’archiviazione di dati sia in chiaro che ulteriormente protetti da crittografia verificabili da ciascun partecipante, non alterabili e non modificabili”.

 

Il tema della marca temporale in ambito blockchain

Come si evince dalla definizione, in qualità di sistema di validazione temporale elettronica la blockchain dunque non si limita a cambiare il modello alla base della generazione del consenso, passando da un approccio centralizzato a uno distribuito: di fatto rivoluziona il modo in cui le informazioni vengono raccolte, modificate e messe a disposizione degli utenti, con la possibilità di automatizzare interi processi e portare l’efficienza dei cicli approvativi a livelli fino a poco tempo fa impensabili.

Uno dei temi su cui chi adotta le tecnologie DLT deve lavorare con estrema attenzione perché questo meccanismo funzioni perfettamente – massimizzando cioè il valore apportato dalla blockchain e offrendo totale garanzia e trasparenza sugli smart contract – è quello della marca temporale. Non essendoci alcun organismo centrale che per l’appunto ne appone una, certificandola, il sistema deve essere dotato di opportuni strumenti che definiscano ciascun blocco o stringa informativa sotto il profilo della data e dell’ora in cui un determinato documento è stato modificato o approvato.

Al momento la norma di riferimento è di tipo sovranazionale. Parliamo naturalmente del regolamento eIDAS (electronic IDentification Authentication and Signature), per il quale la validazione temporale elettronica è definita come “dati in forma elettronica che collegano altri dati in forma elettronica a una particolare ora e data, così da provare che questi ultimi esistevano in quel momento”.

 

La logica del blocktime e la traduzione nel tempo umano

Declinare questa definizione sul piano della blockchain significa istituire un blocktime che sia il più preciso possibile, e che fornisca agli utenti umani la dimensione temporale delle informazioni residenti all’interno del registro condiviso.

Cos’è il blocktime? È in parole semplici l’intervallo temporale atteso tra due blocchi consecutivi, o secondo il concetto elaborato dalla guru della blockchain Melanie Swan “il regime temporale di registri crittografici e smart contract; il tempo è specificato in unità basate sulla approvazione temporale dei blocchi e non minuti o ore come il tempo umano”. Si tratta quindi di tradurre il tempo della blockchain in tempo umano, misurando secondo i nostri parametri l’intervallo temporale medio atteso per la verifica, l’approvazione e la propagazione di un nuovo blocco lungo la catena.

Solo a quel punto si può utilizzare in modo compiuto la blockchain come sistema di validazione temporale elettronica, ottenendo vantaggi lungo tutti i processi approvativi.

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