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04.03.2021
| Tempo di lettura: 5 min

Smart contract e blockchain: questioni normative aperte

Dalla definizione di smart contract al problema del vincolo dei soggetti

Le prime sperimentazioni sugli smart contract si possono far risalire alla fine degli anni ’90, ma sono comparsi nella normativa italiana solo recentemente. Che definizione ne dà la normativa? Come interpretarla giuridicamente?

L’innovazione tecnologica avanza a una velocità esponenziale. Ma perché si possa usufruire di alcune di queste innovazioni, devono prima essere integrate in un contesto normativo e burocratico che – al momento – non avanza allo stesso passo.
Un caso significativo in questo senso è quello degli smart contract, i “contratti intelligenti” le cui prime sperimentazioni – seppur non basate su tecnologia blockchain – si possono far risalire alla fine degli anni ’90*.

La continua e rapida evoluzione di questa tecnologia ha fatto sì che le istituzioni e i regolatori iniziassero a interrogarsi circa la necessità di intervenire con una regolamentazione uniforme: in Italia, la prima definizione a livello normativo di smart contract si può così trovare nella ben più recente conversione in legge del “Decreto semplificazioni” del 2018.

Come interpretare questa definizione normativa? Quali sono i punti ancora da chiarire? Ne abbiamo parlato con Giuseppe Mariani, Chief Operating Officer di Intesa (Gruppo IBM) e l’avvocata Licia Garotti, Head di IP e Tech Law Practice dello studio Gattai, Minoli, Agostinelli & Partners, durante l’evento “Blockchain e Smart Contracts” organizzato da Italia4Blockchain con Intesa e OGR Torino.

La definizione di smart contract secondo il “Decreto semplificazioni”

Nell’articolo 8-ter del D.L. 14 dicembre 2018, n. 135, convertito in legge con L. 11 febbraio 2019, n. 12 si legge: “Si definisce “smart contract” un programma per elaboratore che opera su Tecnologie basate su registri distribuiti e la cui esecuzione vincola automaticamente due o più parti sulla base di effetti predefiniti dalle stesse”.
L’articolo 8 ter continua affermando che gli smart contract soddisfano il requisito della forma scritta previa identificazione informatica delle parti interessate, attraverso un processo avente i requisiti fissati dall’Agenzia per l’Italia Digitale.

Alla luce di ciò, si può quindi affermare che gli smart contract siano dei veri e propri contratti?

Gli smart contract e il vincolo dei soggetti

Per rispondere alla domanda del paragrafo precedente, è necessario riprendere anche la definizione di “contratto” data dal Codice Civile, art. 1321: “Il contratto è l’accordo di due o più parti […] per costituire, regolare o estinguere tra loro un rapporto giuridico patrimoniale”.

Stando al Codice Civile, ciò che crea un contratto è l’accordo tra le parti, non la sua esecuzione. Nella definizione di smart contract sopra riportata, inoltre, il termine “esecuzione” è da intendersi come “esecuzione di un’istruzione informatica”, ossia l’automatismo che si avvia al verificarsi di determinate condizioni e non come l’esecuzione del contratto stesso.

In breve, stando all’interpretazione giuridica, l’accordo tra le parti, che dà vita al contratto vero e proprio e al vincolo dei soggetti, deve comunque avvenire a monte dello smart contract.
Tuttavia, non tutti i profili giuridici che legano le parti in un contratto sono disciplinabili in maniera automatica: laddove si vada ad inserire il giudizio, necessario per capire se un’obbligazione è stata adempiuta correttamente o meno, ecco che l’automatismo rischia di risultare un po’ troppo semplicistico. Ne consegue che le transazioni disciplinate dagli smart contract dovranno rispondere ad automatismi elementari.

Gli smart contract e le tecnologie cognitive

Agli smart contract sono strettamente legati i big data. Come abbiamo visto, la peculiarità dello smart contract è poter eseguire transazioni automaticamente al realizzarsi di determinate condizioni disciplinate dallo smart contract stesso e verificate da tecnologie cognitive, quali AI e machine learning, sulla base di dati aggregati.

Dal punto di vista normativo, dunque, lo sviluppo degli smart contract, la cui accettazione potrà vincolare le parti esclusivamente sulla base di quella manifestazione di volontà avvenuta a monte, è strettamente legato alle casistiche che consentiranno di valutare o meno l’adempimento delle obbligazioni da parte delle tecnologie cognitive.

Fattore altrettanto importante per la validità degli smart contract è l’origine dei dati che attiveranno la transazione in blockchain, dati che devono essere sempre verificabili e, naturalmente, corretti.

Seppure la definizione inserita all’interno del decreto semplificazioni abbia rappresentato un notevole passo avanti nella normativa degli smart contract, sono ancora molti i punti giuridici da chiarire per un utilizzo diffuso degli smart contract sulle transazioni più complesse.

* Fonte: Blockchain4Innovation, Smart Contracts: che cosa sono, come funzionano quali sono gli ambiti applicativi

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