Innovazione

15.09.2021

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Tempo di lettura: 4 min

Co-innovation: che cos’è, benefici ed esempi

Un nuovo modo di fare innovazione grazie alla collaborazione

In un business che si evolve rapidamente, i vecchi modelli di innovazione non funzionano più. Per questo oggi ci si affida sempre più spesso alla co-innovation, un modello di innovazione basato su condivisione, open platform ed ecosistemi.

Tecnologie che evolvono rapidamente e un mercato dinamico in cui i prodotti diventano presto obsoleti. Sono questi i due principali elementi che caratterizzano il contesto in cui opera il business di oggi, in tensione tra la specializzazione dell’offerta e la rapidità di time-to-market. Un contesto in cui l’innovazione “chiusa” non può più portare ai risultati sperati.

Per questo si parla oggi di co-innovation. Vediamo cos’è, i suoi elementi portanti e l’esperienza di alcuni partner Intesa.

Che cos’è la co-innovation

I confini tra protagonisti del mercato si fanno labili e la collaborazione diviene lo strumento più importante.
La co-innovation è un nuovo modello di innovazione che si basa sulla condivisione tra stakeholder – siano essi aziende, partner, istituti di ricerca, startup, clienti e anche competitor – di esperienze, competenze, informazioni e risorse.

In un modello di co-innovation, il valore e le idee generate dalla collaborazione daranno vita a prodotti e servizi integrati e intuitivi, il cui valore sarà condiviso con tutti i partecipanti all’ecosistema.

Uomo e donna guardano insieme un muro con dei post-it

Gli strumenti della co-innovation

Per divenire attori della co-innovation è però necessario adottare modelli di business che consentano e favoriscano la partecipazione a questi ecosistemi, con approcci open e aperti alle contaminazioni con altre realtà e industrie.

Tra gli strumenti principali per partecipare a un ecosistema di co-innovation c’è dunque la progettazione dei servizi in un’ottica di open platform: piattaforme aperte, facilmente integrabili e scalabili grazie all’utilizzo di chiavi API.

In secondo luogo, la stessa cultura aziendale dev’essere collaborativa, aperta anche all’adozione di metodologie estranee al settore di appartenenza: tra le metodologie più usate nell’ambito della co-innovation c’è infatti quella del design thinking, che integra le capacità analitiche con attitudini creative, permette di risolvere problemi complessi, di realizzare e testare rapidamente prodotti o servizi, ma soprattutto di coinvolgere più profondamente tutti gli stakeholder nei processi creativi.
Il design thinking, inoltre, è una delle metodologie più utilizzate nei percorsi di co-creation, in cui il principale coinvolgimento è quello del cliente.

I vantaggi della co-innovation

Se correttamente implementato, il modello co-innovation porta con sé benefici per tutti i partecipanti all’ecosistema: fornitori, partner ma soprattutto clienti, perché:

  • favorisce la vicinanza con il cliente
  • aiuta a sviluppare soluzioni resilienti
  • promuove la collaborazione e la contaminazione cross-industry
  • evidenza le best practice di settore

Un approccio win-win per ogni partecipante.

L’esperienza di Intesa e dei suoi partner

Anche Intesa ha adottato il modello di open platform, strutturando una digital platform in microservizi che consentono adattabilità e scalabilità. Grazie a questa struttura, servizi e microservizi vengono adattati alle esigenze dei clienti, coinvolgendoli – su più livelli e aree aziendali – in ogni fase del progetto di trasformazione: dall’area IT ma anche business e strategy, nel processo di co-creazione e sessioni di design thinking devono essere coinvolte figure diverse tra loro.

«Abbiamo investito su queste nuove competenze, che permettono un maggior coinvolgimento dei clienti e quindi un risultato più adeguato alle esigenze di clienti e partner» ha affermato Pietro Lanza, Presidente di Intesa, durante l’evento InTrust Day 2021. «Il design thinking consente lo sviluppo rapido di MVP, prototipi e di proof of concept, che permettono di toccare con mano in breve tempo i benefici dell’innovazione, ma anche avere cicli molto rapidi per proseguire nello scale up di una piattaforma o servizio digitale».

È il caso, per esempio, della trasformazione digitale di BPER, iniziata da una profonda analisi e mappatura dei processi per terminare con una soluzione digitale resiliente e adatta alle esigenze degli utenti.

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