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14.06.2021
| Tempo di lettura: 8 min

Il potere della diversità (e della “woman in tech”)

14 Giugno 2021

Due chiacchiere con… Silvia Carapezza, Diversity & Inclusion Leader di Intesa

In vista di InTrust Day 2021, che prevede una tavola rotonda dedicata al ruolo delle donne nella tecnologia, abbiamo chiesto alla nostra Diversity & Inclusion leader cosa si può fare per favorire l’inclusione nei luoghi di lavoro

Secondo uno studio della American Economic Association, nelle selezioni per orchestre “alla cieca” (blind audition), le donne hanno tra il 30% e il 50% di possibilità in più di essere selezionate. Se ci si sposta poi nell’ambito ingegneristico, in una normale selezione i valutatori sceglieranno i candidati con i titoli di studio più alto nel 43% dei casi, percentuale che sale al 76% in una selezione alla cieca.*

Insomma, i dati parlano chiaro: i pregiudizi di genere (e non solo) esistono, in particolare se ci si sposta nell’ambito delle materie “STEM” (Science, Technology, Engineering and Mathematics )

Prima di approfondire il tema nella tavola rotonda dedicata durante InTrust Day 2021, abbiamo chiesto a Silvia Carapezza, Equity, Diversity & Inclusion Leader di Intesa cosa si può fare per abbattere il muro dei pregiudizi a partire dalle aziende.

Perché è importante oggi parlare di “diversità e inclusione”? Cosa si può fare nei luoghi di lavoro per scardinare preconcetti e stigmatismi radicati?

«Noi siamo stati educati a pensare che la “maggioranza” corrisponda alla “natura umana”, e sulla base di questa falsa convinzione si intende l’inclusione come una “gentile concessione della maggioranza”. Oggi, finalmente, si ha più consapevolezza che la natura umana stessa è variabile, diversa e anche in ambito aziendale è fondamentale valorizzare ogni individuo in quanto unico. Non dimentichiamo che è primario interesse dell’azienda promuovere le diversità per almeno due ragioni: primo perché un dipendente che si sente a suo agio e libero difficilmente lascia l’azienda; secondo perché è dalle “wild ducks”**, da chi pensa fuori dagli schemi, che nascono le idee migliori e i grandi cambiamenti.
Molto si può fare nell’ambiente di lavoro per scardinare i preconcetti, con iniziative che valorizzino le differenze e stimolino a riflettere, a vedere le cose da diverse angolazioni rispetto alla “normalità”. L’importante è che l’inclusione non sia un processo verticale, un’imposizione calata dall’alto, ma un vero coinvolgimento che permetta a tutti di dare il proprio contributo».

Da dove si inizia a promuovere la presenza e l’avvicinamento delle donne nella tecnologia e nell’innovazione?

«Anche qui la cultura gioca un ruolo importante. È provato che fino alle elementari non c’è sostanziale differenza tra maschi e femmine nelle capacità STEM, ma con il proseguire degli studi le donne prediligono altre strade. L’unica risposta a questo è che le ragazze non vengono indirizzate e invogliate ad approfondire queste materie STEM perché uno dei pregiudizi è che non siano portate, non sia “roba per donne”, e questo mi dà l’occasione per citare il progetto NERD (Non È Roba per Donne) di IBM Italia che promuove l’avvicinamento delle giovani donne alla tecnologia nelle fasi di orientamento universitario. La creatrice di questo progetto è Floriana Ferrara, Corporate Social Responsibility Manager di IBM che sarà con me alla tavola rotonda di InTrust Day 2021.

Ritengo che per avvicinare il genere femminile alla tecnologia si dovrebbe partire dall’informazione alle famiglie, affinché educhino le proprie figlie a coltivare le proprie passioni sin da piccole, senza preconcetti e falsi miti, proponendo anche giochi educativi che stimolino l’avvicinarsi alle STEM e anche i programmi scolastici dovrebbero essere adeguati in questo senso. In Italia siamo un po’ indietro*** ma io sono positiva, ci arriveremo. La nuova generazione è sulla buona strada. Sono orgogliosa di dire che mia figlia, dopo una formazione da liceo linguistico, sta frequentando con profitto ingegneria. Di questo a InTrust Day ne parlerò con Barbara Caputo, Docente e partner del Politecnico di Torino».

Qual è il valore delle “quote rosa”?

«In un mondo ideale le quote rosa non dovrebbero esistere e ognuno dovrebbe occupare il posto che occupa per suoi meriti, a prescindere dal sesso o da altro.
Attualmente però sono stati condotti alcuni esperimenti presentando gli stessi curriculum che hanno avuto esito diverso a seconda che fosse o meno indicato un nome femminile. Le “quote rosa” sono indispensabili per abituarci a “fare il conto”, a notare l’assenza delle donne in un contesto. Finché non avremo abolito i nostri pregiudizi, questo è il valore delle “quote di rosa”. Affronterò il tema del gender gap e delle donne nel mondo dell’imprenditoria a InTrust Day con Chiara Brughera, Managing Director di SheTech».

Donne e lavoro: esistono davvero le pari opportunità e la meritocrazia?

«Questa risposta segue un po’ quella precedente. Trovo che le pari opportunità significhino permettere a tutti le stesse opzioni e le stesse possibilità. Può essere che alcune carriere saranno sempre a maggioranza maschile, ma non accettabile alcuna preclusione o ostruzionismo. Ognuno deve sentirsi libero di fare ciò che sente più affine a sé. Riguardo alla meritocrazia, sicuramente esistono dei fenomeni di disparità, ma si crea anche un altro fenomeno interessante: le donne sono talmente poco abituate a ricevere promozioni e avanzamenti di carriera che spesso sono loro stesse artefici dell’ingiustizia. Nella mia esperienza ricordo una manager che si è sempre “accontentata” del suo stipendio perché riteneva che aver conquistato una posizione di vertice fosse già gratificante di per sé, benché uomini al suo stesso livello in azienda o addirittura di livello più basso guadagnassero di più. Anche noi donne dobbiamo “abituarci” a fare il primo passo, a far valere ciò che ci spetta».

Quali sono gli ostacoli più evidenti in Italia? Cosa si può fare per sensibilizzare i dipendenti su questi temi?

«Vedo che, almeno sulla carta, c’è attenzione a colmare il gender-gap con sostegni alle donne e anche dal punto di vista D&I c’è molta più sensibilità che in passato. Gli ostacoli maggiori sono ancora il retaggio culturale e l’apatia. Anche qui, confido che le nuove generazioni siano meglio predisposte perché vivono nella “resilienza”, nella capacità di adattamento. L’azienda può fare tanto per sensibilizzare. Fondamentale è includere questi aspetti nella mission aziendale e nei manifesti e poi tradurli in pratica ogni giorno.

Come agisce Intesa su questi temi?

«Intesa è sempre stata un’azienda inclusiva, ce lo dicono diverse survey condotte tra i collaboratori sia in passato che oggi.
Da qualche mese abbiamo però un focus ulteriore su equità, diversità e inclusione con un progetto più “strutturato”: abbiamo formalmente inserito il rispetto e l’inclusione nella strategia aziendale. Infatti, Intesa dichiara “di incoraggiare le persone a essere se stesse e favorisce la diversità di punti di vista, idee, prospettive ed esperienze, perché ognuno abbia gli strumenti per crescere e sviluppare il proprio talento. Si vuole promuovere una cultura inclusiva che valorizzi l’individuo, contribuendo a un ambiente rispettoso, coltivando il senso di appartenenza e rafforzando l’inclusività.” Abbiamo poi proseguito con il creare un ruolo verticale su questo tema -il mio- ovvero Equity,D&I Leader con il compito di promuovere, sia direttamente sia coordinando team dedicati, l’uguaglianza, la diversità e l’inclusione.
Si è dato vita ad una pagina intranet dedicata nella quale vengono presentate diverse iniziative. Abbiamo appena concluso i diversity days, con testimonianze, film, webinar e giochi che ci hanno fatto sentire più uniti e capiti.
Abbiamo lanciato una survey per raccogliere idee, stiamo creando dei gruppi di affinità che lavorino autonomamente intorno a tematiche di comune interesse e ci avvarremo della collaborazione dell’ associazione Parks, che vanta una consolidata esperienza nella delicata tematica LBGT+.

Valorizzare la diversità in ogni attività quotidiana è un impegno per ciascuno di noi e vogliamo dare la priorità a creare un ambiente di lavoro in cui ognuno possa sentirsi incluso, senza discriminazioni di alcun tipo, in cui la diversità è un valore aggiunto, perché finalmente si prenda coscienza che non esiste il “diverso” ma che tutti siamo diversi e inclusi nella stessa entità, che sia la famiglia, l’azienda o la società».

* Il Sole 24 Ore, Selezioni “cieche al sesso”: ciò che non so non può condizionarmi
** Da una citazione dell’ex presidente IBM Thomas J. Watson, Jr.: “In IBM parliamo spesso della necessità di “anatre selvatiche”, dalla morale di una storia del filosofo danese Kierkegaard. Fonte: https://www.netlingo.com/word/wild-ducks.php
*** Nell’ultimo anno accademico, tra tutti gli iscritti alle facoltà STEM, le studentesse rappresentavano solamente il 37%. – SheTech, Donne e STEM: un divario da colmare

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