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29.06.2022
| Tempo di lettura: 6 min

Identità digitali e metaverso: quali scenari?

Con un giro d’affari miliardario la necessità di un’identificazione potrebbe presentarsi prima del previsto

Nei metaversi l’identificazione certa degli utenti potrebbe diventare presto necessaria e urgente per via degli ingenti investimenti milionari soprattutto delle aziende luxury e fashion. Cosa potrebbe cambiare?

In questo articolo scoprirai:

Il mondo dei social network, di internet e del digitale è costantemente attraversato da novità che attirano l’attenzione del pubblico più o meno specializzato. Nuove piattaforme o strumenti di cui tutti parlano, e che in un primo periodo sembrano essere rivoluzionari, raccogliendo iscritti, acquisti, critiche e consensi.

Quando sul mercato sono comparsi gli e-book in molti hanno temuto per il destino dei libri di carta. Eppure le librerie esistono ancora. Durante la seconda ondata di Covid-19, nel febbraio 2021, il social network Clubhouse è stato scaricato da 10 milioni di persone. A giugno, con la fine delle restrizioni, i download sono stati meno di 1 milione.*

Ad attirare l’attenzione del “grande pubblico” oggi è il metaverso – o meglio i metaversi – spazi condivisi che poggiano su infrastrutture digitali grazie a cui si accede a delle vere e proprie realtà virtuali.

Un vero mondo digitale, in cui avatar di persone anche lontane interagiscono tra di loro in spazi tridimensionali e compiono azioni di qualsiasi tipo, proprio come nel mondo reale. Per questo il metaverso sta attirando gli investimenti milionari delle aziende luxury e fashion (recente l’annuncio dell’ingresso di Balenciaga) ma anche del real estate e dei servizi finanziari (JP Morgan è stata la prima banca ad aprire una filiale nel metaverso). Ma gli utenti chi sono?

Perché l’identità digitale nel metaverso

Da anni ormai politica e opinione pubblica tornano ciclicamente a discutere della necessità di una verifica delle identità nelle piattaforme social, soprattutto riguardo all’utilizzo che ne fanno i minori, ai rischi di furto di identità ma anche alla condivisione e gestione dei dati personali da parte delle big tech. Un tema vasto e complesso, recentemente riportato alla luce dall’acquisto di Twitter da parte di Elon Musk.**

Nei metaversi l’identificazione certa degli utenti potrebbe però diventare presto necessaria e urgente: sebbene sia un’economia basata su monete e asset virtuali (crypto, NFT, etc), soggetti a una volatilità estrema, si stima che nel 2024 varrà più di 800 miliardi di dollari. Su Decentraland (uno dei metaversi più conosciuti e popolati) in 3 mesi sono stati spesi 7,5 miliardi da circa 6mila utenti.

Il tema dell’identificazione certa in questi ambiti è molto delicato: la tecnologia delle criptovalute garantisce infatti privacy e anonimato, che sono le caratteristiche principali per cui questa tecnologia è apprezzata dai suoi sostenitori. Con un giro d’affari di queste dimensioni presto però l’anonimato degli utenti potrebbe diventare un rischio troppo grande per le aziende che decidono di investire nel metaverso.

Quale modello per l’identità digitale nel metaverso

Come ci si potrebbe identificare per entrare nel metaverso? L’esperienza di Facebook e dei social network più diffusi ci ha dimostrato che i modelli di identità digitale centralizzati,*** tra cui i cosiddetti “Social ID”, seppur facili da usare sono anche i meno sicuri, poiché non garantiscono l’identità dell’utente che auto-dichiara i suoi dati con un livello minimo di verifica.

I modelli centralizzati, inoltre, fanno sì che le identità degli utenti vengano “moltiplicate” su più gestori privati, facendo perdere gran parte del controllo sulle informazioni personali e al contempo moltiplicando le possibilità che vengano rubate. 

La regolamentazione degli accessi e delle identità digitali nel metaverso potrebbe essere invece la spinta necessaria a diffondere il modello decentralizzato della Self Sovereign Identity basati su blockchain, al momento l’unico modello che garantisce effettivamente agli utenti il pieno controllo della propria identità e informazioni personali, ma che richiede l’implementazione di una regolamentazione e di un’infrastruttura digitale molto ampia e complessa.

Ulteriore ipotesi per il controllo delle identità nel metaverso potrebbe essere quella di affidarsi a sistemi di riconoscimento digitale certificati o alle identità digitali federate eGov come SPID e CIE, già diffusissime in Italia ma presenti anche all’estero sotto altre forme. Il modelli di identità digitale (in particolare SPID) federati abbinano infatti un’esperienza utente semplice, che si avvicina ai Social ID, a un elevato livello di sicurezza, tanto da essere oggi utilizzate anche nei processi di identificazione per i servizi finanziari grazie alla regolamentazione dei service provider privati e, più recentemente, degli aggregatori.

Conclusioni

Oggi non possiamo sapere che ne sarà del metaverso, se effettivamente diventerà uno strumento utile e pervasivo nelle nostre vite o se si tratta di un hype il cui utilizzo rimarrà limitato a una categoria di persone o a pochi ambiti. La diffusione dei social media e delle big tech, tuttavia, ci hanno già mostrato i rischi dell’anonimato online e di una gestione poco ponderata della nostra identità: perché replicare?

 

* IlPost.it, Che fine ha fatto clubhouse

** Wired.it, Perché l’acquisizione di Twitter da parte di Elon Musk è un problema per la privacy

***  Modello di identità digitale in cui attori privati si configurano come unici gestori dell’identità e dei dati.

 

Di Marco Broggio in collaborazione con Marta Maschietto

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