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24.11.2022
| Tempo di lettura: 6 min

Digital identity nel settore privato, ancora strada da fare

24 Novembre 2022

Cosa è emerso dai risultati dell’Osservatorio Digital Identity 2022

L’imminenza del digital identity wallet europeo sta abilitando nuovi ruoli e attori nell’ecosistema digitale. Tuttavia, tra le aziende private non c’è ancora la piena consapevolezza delle potenzialità offerte dalle identità digitali.

In questo articolo scoprirai:

Il digital wallet è alle porte, ma tra le aziende private non c’è ancora la piena consapevolezza delle potenzialità offerte dalle identità digitali federate. È questo uno dei risultati più significativi emersi dalla survey che l’Osservatorio Digital Identity ha inviato a 100 grandi aziende del settore finanziario, TELCO e utility. L’obiettivo era tracciare quanto il settore privato stia cogliendo l’opportunità della diffusione dei sistemi di identità digitale nazionale SPID e CIE, e quanto le aziende siano pronte ad accogliere l’imminente European Digital Identity Wallet.

Il 63% degli intervistati ha però affermato di non aver mai valutato l’adozione di SPID e CIE nei propri processi aziendali. Una percentuale che riflette la diffusione ancora limitata (rispetto alle potenzialità) dei service provider privati, il cui conteggio si ferma a 141 per SPID e 19 per CIE.

Il punto sulla diffusione

Eppure, a livello nazionale, SPID e CIE godono di ottima salute: sono 32 milioni gli utenti SPID, e il numero delle CIE emesse si avvicina moltissimo. Certo, il tasso di crescita è rallentato rispetto agli anni precedenti caratterizzati dalla pandemia, ma la copertura ha raggiunto il 100% nella fascia 18-24 e soprattutto sono aumentati gli accessi (82 milioni a fine ottobre per SPID). Inoltre, si sono diversificati i portali su cui SPID è stato utilizzato per l’accesso (AgE, Ministero del Lavoro, App IO…).

Insomma, l’utilizzo delle identità digitali federate (SPID in particolare) sta diventando sempre più comune, familiare e soprattutto semplice per gli utenti, che iniziano a comprenderne il valore e i vantaggi. Perché le aziende non colgono questa opportunità?

Le motivazioni

Proprio nelle motivazioni date dalle aziende si coglie l’inconsapevolezza del valore strategico dei dati e dell’identità digitale. Il 67% delle aziende ha infatti risposto che non hanno mai valutato l’utilizzo dei sistemi di identità digitale governativi perché ritengono gli attributi certificati non necessari, mentre il 20%, comprensibilmente, non l’ha mai valutato perché vuole continuare a valorizzare gli investimenti in procedure di onboarding e sistemi di identità digitale proprietari. Risposte simili si trovano nell’interrogazione riguardo all’ingresso nell’ecosistema del wallet.

Commenta Valeria Portale, Direttrice dell’Osservatorio: «Il Digital Wallet rischia di non essere attrattivo per le grandi aziende finché non ci sono gli utenti che lo utilizzano. C’è ancora tanta strada da fare in questo ambito, ed è necessario lavorare sull’evangelizzazione sia sulle grandi aziende ma anche sulle PMI, in cui il wallet potrà essere dirimente. C’è poco tempo da perdere, il wallet è alle porte».*

EUDI Wallet: l’Europa a un bivio

L’European Digital Identity Wallet è alle porte, ma c’è ancora aria di attesa e allerta da parte degli operatori di settore: molti dettagli sono ancora in via di definizione e il rischio è che il wallet rimanga solo un’evoluzione, e non porti alla sperata “rivoluzione”, a un cambio netto di fruizione dell’identità digitale che potrebbe avere un forte impatto sul mercato.
Nel primo scenario, quello della semplice “evoluzione”, il wallet verrà utilizzato come un semplice contenitore, cambiando l’interfaccia ma senza cambiare l’offerta o il mercato. Il secondo scenario invece, quello della “rivoluzione”, si concretizzerà solo se si riuscirà a creare una diffusione massiva e una vera interoperabilità tra stati, diversificando i servizi e gli ambiti operativi e creando sinergia tra operatori pubblici e privati. L’Italia poi, ha davanti a sé una grandissima sfida: quella di riuscire a far evolvere le identità digitali SPID e CIE in modo che vengano valorizzate nell’ecosistema dell’EUDI Wallet.

Leggi anche: eIDAS 2.0, facciamo il punto

Ciò che è certo, è che l’imminenza del digital identity wallet europeo sta già abilitando nuovi ruoli e attori all’interno dell’ecosistema digitale e di conseguenza l’arena competitiva a livello internazionale, in cui i player italiani dovranno trovare il loro ruolo. Le big tech, infatti, stanno lavorando già da tempo lavorando alla logica del “wallet” per i pagamenti digitali, ma esistono diversi esempi di come l’attenzione delle big tech si stia spostando verso la digitalizzazione dei documenti di identità, forti delle competenze, degli asset tecnologici e della loro base utenti.

«Personalmente ritengo che l’ampliamento dell’ecosistema sia un aspetto molto positivo, perché certamente un ecosistema allargato porta servizi e maggiori benefici per il cittadino» ha commentato Silvana Filipponi, Head of Digital Identity del Dipartimento per la Trasformazione dell’Italia Digitale, intervenuta durante il convegno. «Dovrà però essere garantita una sostenibilità a questo ecosistema, in cui tutti gli attori hanno la possibilità di partecipare in maniera proficua, limitando la procedurizzazione non necessaria e garantendo un “trust model”».*

Non ci resta che seguire l’evoluzione di questo interessante percorso.

 

* Convegno “Convegno “Digital Wallet: Identity (r)evolution” Osservatorio Digital Identity del Politecnico di Milano”

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