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06.09.2018
| Tempo di lettura: 7 min

Digitalizzazione in Italia: la situazione può migliorare

6 Settembre 2018

Il nostro Paese è ancora indietro in tema di digitalizzazione, nonostante i benefici garantiti dalle tecnologie a supporto delle aziende piccole, medie e grandi.

La digitalizzazione in Europa presenta differenze molto marcate tra le aree geografiche; di conseguenza, si caratterizza per una certa difficoltà a crescere in maniera omogenea. La situazione italiana presenta ampi margini di miglioramento: a metterlo in evidenza è Agenda Digitale, che fa riferimento al The Digital Economy and Society Index (DESI) 2018*, vale a dire l’indicatore attraverso il quale la Commissione Europea quantifica il grado di attuazione dell’agenda digitale nei vari Paesi. La fotografia di quest’anno è praticamente uguale a quella del 2017, e non si tratta di un riscontro positivo: l’Europa è ancora contraddistinta da differenze che impediscono a varie nazioni di evolvere in una prospettiva sistemica.

Il peso del digital divide

Anche se i progressi sono innegabili, il digital divide continua a rappresentare una sfida: i miglioramenti non sono sufficienti, soprattutto se paragonati a quelli di altri Paesi che progrediscono in modo più veloce. Si fa fatica ad apprezzare i risultati delle politiche che, a questo proposito, sono state messe a punto dalla Commissione con l’obiettivo di dare vita a un grande e unico mercato digitale, al punto che non manca chi si domanda se non convenga apportare dei cambiamenti strutturali più estesi invece che limitarsi ad aggiornare le iniziative attuali.

Come va l’Italia?

Per il momento l’Italia sembra ancora indietro in tema di digitalizzazione: su ventotto Paesi presi in considerazione, il nostro paese è collocato al venticinquesimo posto, soprattutto a causa della carenza dei progressi che sono stati compiuti. Il passo in avanti più consistente è stato quello relativo agli Open Data, ma purtroppo viene cancellato da performance negative in altri ambiti: nel campo dell’integrazione delle tecnologie digitali, per esempio, siamo passati dal diciannovesimo al ventesimo posto, mentre sul fronte del capitale umano siamo scesi dal ventiquattresimo al venticinquesimo posto. Per l’area della connettività, l’Italia non va al di là della ventiseiesima posizione; inoltre, siamo penultimi per l’uso di Internet e diciannovesimi per i servizi pubblici digitali.

Le prospettive per il futuro

Le prospettive rosee, comunque, non mancano, soprattutto per quanto concerne la diffusione della copertura in fibra ottica e una strategia ben precisa relativa alle pubbliche amministrazioni. Lo stesso rapporto DESI a proposito dell’Italia mette in luce le conseguenze negative del digital divide, sottolineando come la sfida più importante da affrontare sia quella che chiama in causa la mancanza, o comunque la scarsità, di competenze digitali**. I provvedimenti che sono stati identificati dal governo sono ritenuti non sufficienti, e ciò vuol dire che per le performance degli indicatori DESI non ci sono risultati incoraggianti.

Come funziona il DESI

Il The Digital Economy and Society Index (DESI) a partire dal 2018 ha previsto l’aggiunta di specifici indicatori, tra i quali quelli relativi ai servizi digitali pubblici alle imprese e all’e-health. Ciò ha consentito di usufruire di aree di valutazione più rappresentative. In tutto sono cinque i capitoli che compongono la relazione DESI: la connettività (con riferimento alle reti mobili e alle reti fisse a banda larga), il capitale umano (competenze digitali di base e competenze digitali avanzate), l’uso dei servizi Internet, l’integrazione delle tecnologie digitali (digitalizzazione delle società di e-commerce) e i servizi pubblici digitali.  Le performance migliori sono state ottenute dai Paesi del Nord Europa: ai primi posti compaiono, infatti, la Danimarca, la Svezia, la Finlandia e l’Olanda, tutti Stati che meritano di essere ritenuti leader nel settore digitale non solo a livello europeo ma anche sulla scena mondiale, avvicinati solo dalla Corea del Sud. Un gradino più sotto si trovano il Lussemburgo, l’Irlanda e la Gran Bretagna, seguiti a loro volta dal Belgio e dall’Estonia. I progressi più consistenti sono quelli che sono stati ottenuti dalla Spagna, da Cipro e dall’Irlanda, ma il digital divide è ancora presente: la differenza tra gli Stati che fanno segnare le prestazioni migliori e quelli i cui punteggi sono più bassi rispetto alla media è in aumento.

La connettività

Uno dei punti chiave della digitalizzazione è senza dubbio la connettività: e se in Europa il 58% delle famiglie può contare sulla banda ultra-larga a 100 Mbps, il dato crolla in maniera vertiginosa in Italia, dove ci si ferma a un 22% che determina il penultimo posto in classifica. Da noi appena una famiglia su venti sottoscrive abbonamenti a 100 Mbps, un terzo del dato europeo: l’obiettivo che è stato stabilito per il 2020 è quello di arrivare al 50% delle famiglie totali, ma sembra essere un’utopia, anche se negli ultimi due anni il dato è raddoppiato. In Italia, inoltre, la banda a 30 Mbps è diffusa al 12%. Per migliorare quindi la situazione generale nel nostro paese ci auspichiamo il supporto di politiche economiche e finanziarie volte a supportare progetti di innovazione digitale, sviluppo di competenze tecnico-scientifiche in ambito scolastico e formazione nelle aziende, oltre che maggiore velocità di esecuzione e trasferimento di fondi europei per progetti locali.

 

* Fonte: www.agendadigitale.eu

** Fonte: www.agendadigitale.eu

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