Che cos’è il KYC e perché adottarlo
Il KYC è importante per tutelare consumatori e aziende da frodi online, corruzione e pratiche di riciclaggio di denaro.

Il KYC è importante per tutelare consumatori e aziende da frodi online, corruzione e pratiche di riciclaggio di denaro.
Da sempre la criminalità ha trovato escamotage per sfruttare illegalmente l’identità degli individui per pratiche illecite, un fenomeno che i governi stanno cercando di limitare a colpi di normative e innovazioni tecnologiche. Ecco perché il KYC oggi è un alleato importante.
In questo articolo scoprirai:
Se recentemente avete aperto un conto bancario o stipulato un nuovo contratto assicurativo, sicuramente avrete già avuto a che fare con una procedura KYC. In questo articolo vi spiegheremo cos’è, come implementarlo e perché adottarlo.
Cosa significa KYC e a cosa serve
KYC è l’acronimo di Know Your Customer, un processo normativo e operativo che obbliga le aziende a identificare, verificare e monitorare l’identità dei propri clienti, partner o fornitori. In italiano è spesso tradotto come “conosci il tuo cliente” e rappresenta un pilastro fondamentale della compliance aziendale, in particolare nei settori soggetti a regolamentazioni stringenti come il finanziario, l’assicurativo, il fintech e i servizi digitali.
Il KYC nasce con l’obiettivo di prevenire frodi, riciclaggio di denaro, furto d’identità e abusi commerciali, garantendo che tutte le parti coinvolte in una relazione economica siano correttamente identificate.
Implementare un processo KYC efficiente non è solo un obbligo normativo, ma anche un’opportunità strategica per:
- tutelare la reputazione dell’azienda,
- ridurre i rischi operativi e legali,
- migliorare la trasparenza nelle relazioni commerciali.
In ambito aziendale, il KYC non riguarda solo i clienti finali: può essere esteso anche a fornitori, partner commerciali e terze parti, in ottica di gestione del rischio e responsabilità condivisa.
Come funziona il processo KYC
Il processo KYC si articola in una serie di fasi che consentono all’azienda di raccogliere, verificare e conservare le informazioni necessarie per l’identificazione certa del cliente. Si tratta di un flusso strutturato, che può essere svolto anche in modalità completamente digitale, nel rispetto delle normative vigenti.
1. Identificazione del cliente
In questa prima fase, il soggetto deve fornire una serie di dati identificativi (anagrafici e societari) e, in alcuni casi, anche informazioni sulla propria attività economica. Le aziende possono richiedere documenti come:
- carta d’identità o passaporto,
- visura camerale,
- codice fiscale o partita IVA,
- documentazione attestante la titolarità effettiva.
2. Verifica dell’identità
Dopo la raccolta, è necessario verificare che le informazioni e i documenti forniti siano autentici e coerenti. Questa attività può essere effettuata:
- in presenza, con l’acquisizione di copie cartacee o digitali;
- da remoto, tramite strumenti come SPID, CIE, VideoIdent o OTP con firma elettronica.
3. Conservazione e aggiornamento
Una volta validata, l’informazione deve essere archiviata in modo sicuro, accessibile per eventuali controlli e aggiornata periodicamente, soprattutto in caso di modifiche rilevanti nei dati del cliente.
Per un approfondimento sulla normativa e sui livelli di adeguata verifica previsti, ti invitiamo a consultare l’articolo dedicato: Adeguata verifica del cliente
Quando è obbligatorio il KYC
L’obbligo di applicare procedure KYC deriva principalmente dalla normativa antiriciclaggio e dalla necessità, per le aziende, di assicurare la trasparenza e la tracciabilità delle relazioni commerciali.
In ambito B2B, il KYC è obbligatorio quando:
- Si instaurano nuove relazioni contrattuali con clienti o fornitori
- Si effettuano operazioni economiche che superano determinate soglie previste dalla normativa
- È necessario identificare il titolare effettivo di una società o organizzazione
- Sussistono dubbi sull’autenticità delle informazioni fornite
- Si applicano specifici regimi normativi di settore (es. finanziario, assicurativo, servizi digitali)
Le aziende obbligate devono svolgere la cosiddetta “adeguata verifica del cliente”, che può variare in intensità (semplificata, ordinaria o rafforzata) a seconda del profilo di rischio.
Non ottemperare agli obblighi KYC comporta sanzioni amministrative e penali, oltre a gravi ripercussioni reputazionali.
Quadro normativo aggiornato al 2025 e prospettive future
Nel 2025, il quadro normativo che disciplina il processo KYC in Europa continua ad essere regolato principalmente dalla Direttiva (UE) 2015/849 (IV Direttiva Antiriciclaggio), così come modificata dalla V Direttiva (UE) 2018/843, e dai recepimenti nazionali. In Italia, il riferimento principale è il D.Lgs. 231/2007, aggiornato per recepire le direttive europee e adattarsi all’evoluzione tecnologica e dei rischi sistemici.
Le procedure di KYC, inoltre, sono rientrate nel decreto semplificazioni di settembre 2020.
A livello europeo, è attesa l’entrata in funzione della nuova Autorità per l’antiriciclaggio (AMLA), che avrà il compito di armonizzare e rafforzare la supervisione sui soggetti obbligati, con impatti diretti su processi come l’identificazione e la verifica del cliente.
Parallelamente, l’evoluzione del Regolamento eIDAS verso la versione 2.0, e l’attuazione del Regolamento DORA (Digital Operational Resilience Act), stanno trasformando radicalmente il modo in cui le aziende europee gestiscono l’identità digitale, la sicurezza informatica e la compliance normativa.
Nei prossimi anni, si prevede un’ulteriore spinta verso:
- la digitalizzazione completa dei processi KYC,
- l’adozione di identità digitali certificate a livello europeo,
- l’interoperabilità tra sistemi pubblici e privati,
- il rafforzamento degli obblighi di conservazione e tracciabilità.
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Quali rischi copre il KYC
Il KYC consente di evitare errori o anomalie nei rapporti commerciali, riducendo la probabilità di incidenti amministrativi o procedurali legati all’identificazione errata di soggetti o all’uso di documentazione non conforme.
2. Rischi legali e sanzionatori
Non adempiere agli obblighi previsti può esporre l’azienda a sanzioni pecuniarie, restrizioni operative o, nei casi più gravi, procedimenti legali. Il KYC aiuta a dimostrare l’accountability e la conformità ai requisiti normativi.
3. Rischi reputazionali
Un caso di frode o la collaborazione involontaria con soggetti non verificati può compromettere l’immagine dell’azienda presso clienti, stakeholder e autorità. Il KYC è un presidio preventivo per tutelare la reputazione dell’organizzazione.
4. Rischi finanziari e frodi
La verifica dell’identità e l’analisi del profilo del cliente permettono di intercettare tentativi di:
- apertura di rapporti falsi o con identità rubate,
- utilizzo illecito di fondi,
- infiltrazioni da parte di soggetti ad alto rischio.
KYC e trasformazione digitale: come Intesa supporta le imprese
La trasformazione digitale ha profondamente modificato il modo in cui le aziende gestiscono i processi di onboarding, identificazione e verifica dei propri interlocutori. In questo contesto, l’approccio al KYC può evolvere da semplice obbligo normativo a leva strategica, capace di generare efficienza, sicurezza e conformità.
Intesa S.p.A. supporta le imprese nell’adozione di soluzioni digitali per la gestione del KYC, offrendo strumenti progettati per semplificare l’identificazione dei clienti, ridurre i tempi di verifica e garantire la conformità alle normative vigenti.
Soluzioni digitali per un KYC efficace
Grazie a tecnologie di front-end e back-end sicure e integrate, è possibile:
- raccogliere e verificare l’identità di clienti e partner da remoto,
- integrare strumenti di identificazione elettronica (SPID, CIE, OTP, VideoIdent),
- automatizzare il flusso di onboarding,
- tracciare ogni fase in modo conforme e verificabile.
Per rispondere a questa esigenza in modo efficiente e conforme, sono disponibili piattaforme di identificazione digitale come Intesa ID, che semplificano e velocizzano l’intero processo.
Benefici per le aziende
L’adozione di un sistema digitale per il KYC consente di:
- ridurre i tempi di attivazione dei rapporti commerciali,
- minimizzare il rischio di errori e anomalie,
- offrire un’esperienza fluida e professionale al cliente finale,
- mantenere la piena compliance normativa attraverso archiviazione e conservazione a norma.
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KYC: prospettive di innovazione
Si può facilmente immaginare quanto delle procedure così complesse come quelle KYC possano pesare sui bilanci di chi è soggetto all’obbligo: una ricerca di Thomson Reuters Survey stima che una banca di medie dimensioni spende circa 40 milioni di sterline all’anno per implementare e mantenere le procedure KYC. (Fonte: ITProPortal, The spiralling costs of KYC for banks and how FinTech can help)
Unitamente alla sicurezza e tutela dei consumatori e delle aziende, infatti, la riduzione dei costi è uno degli obiettivi primari delle procedure di Know Your Customer e del progetto avviato a giugno 2020 da CeTIF – Università Cattolica Del Sacro Cuore, Intesa, a Kyndryl Company, in collaborazione con le Authority, Cherry Chain e IBM per la condivisione sicura delle informazioni all’interno di un ecosistema: ciò consentirà all’utente di avere il controllo completo dei propri dati, e alle aziende dell’ecosistema di ottenere un notevole risparmio sulle procedure KYC.
In quest’ottica, Intesa ID si inserisce perfettamente come abilitatore tecnologico di questi nuovi ecosistemi, grazie alla gestione sicura e verificabile degli attributi identificativi, alla piena compliance normativa e alla compatibilità con i digital identity wallet europei.
* Fonte: ITProPortal, The spiralling costs of KYC for banks and how FinTech can help
Cosa succede se non compilo il questionario KYC?
Il mancato completamento del questionario può avere diverse conseguenze, tra cui:
- impossibilità di avviare o proseguire il rapporto contrattuale,
- sospensione di servizi attivi,
- obbligo per l’azienda di effettuare segnalazioni agli organi di vigilanza,
- rischio di sanzioni amministrative o procedimenti di compliance interna.
Chi deve fare il KYC?
Il KYC si applica in tutti i contesti in cui è necessario identificare una controparte commerciale. Sono soggetti all’obbligo:
- persone fisiche in fase di onboarding,
- aziende clienti o partner,
- fornitori strategici,
- titolari effettivi di persone giuridiche,
- soggetti coinvolti in operazioni ad alto rischio.
Quali documenti servono per il KYC?
A seconda del soggetto e del livello di verifica richiesto, possono essere necessari:
- documenti identificativi (es. carta d’identità, passaporto, codice fiscale),
- visura camerale e attestazioni legali per persone giuridiche,
- prova dell’attività economica o della residenza fiscale,
- informazioni sul titolare effettivo e sull’origine dei fondi.
Come posso adeguarmi alle richieste di KYC in azienda?
Per rispettare gli obblighi normativi in modo efficiente, le aziende possono:
- implementare soluzioni digitali per l’identificazione remota,
- utilizzare sistemi di verifica automatizzati conformi al Regolamento eIDAS,
- integrare SPID, CIE, OTP o VideoIdent nei propri processi,
- definire flussi approvati per la raccolta e conservazione dei dati.
Qual è la differenza tra KYC e onboarding digitale?
Anche se strettamente connessi, i due processi hanno obiettivi distinti:
- KYC: si concentra sulla verifica dell’identità e dell’affidabilità del soggetto,
- Onboarding digitale: comprende l’intero processo di attivazione del rapporto, inclusa la firma contrattuale, la raccolta dei consensi e l’archiviazione documentale.
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Cosa succede se non compilo il questionario KYC?
Il mancato completamento del questionario può avere diverse conseguenze, tra cui:
- Impossibilità di avviare o proseguire il rapporto contrattuale
- Sospensione di servizi attivi
- Obbligo per l’azienda di effettuare segnalazioni agli organi di vigilanza
- Rischio di sanzioni amministrative o procedimenti di compliance interna
Chi deve fare il KYC?
Il KYC si applica in tutti i contesti in cui è necessario identificare una controparte commerciale. Sono soggetti all’obbligo:
- Persone fisiche in fase di onboarding
- Aziende clienti o partner
- Fornitori strategici
- Titolari effettivi di persone giuridiche
- Soggetti coinvolti in operazioni ad alto rischio
Quali documenti servono per il KYC?
A seconda del soggetto e del livello di verifica richiesto, possono essere necessari:
- Documenti identificativi (es. carta d’identità, passaporto, codice fiscale)
- Visura camerale e attestazioni legali per persone giuridiche
- Prova dell’attività economica o della residenza fiscale
- Informazioni sul titolare effettivo e sull’origine dei fondi
Come posso adeguarmi alle richieste di KYC in azienda?
Per rispettare gli obblighi normativi in modo efficiente, le aziende possono:
- Implementare soluzioni digitali per l’identificazione remota
- Utilizzare sistemi di verifica automatizzati conformi al Regolamento eIDAS
- Integrare SPID, CIE, OTP o VideoIdent nei propri processi
- Definire flussi approvati per la raccolta e conservazione dei dati
Qual è la differenza tra KYC e onboarding digitale?
Anche se strettamente connessi, i due processi hanno obiettivi distinti:
- KYC: si concentra sulla verifica dell’identità e dell’affidabilità del soggetto
- Onboarding digitale: comprende l’intero processo di attivazione del rapporto, inclusa la firma contrattuale, la raccolta dei consensi e l’archiviazione documentale