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11.07.2019
| Tempo di lettura: 6 min

Da Business-to-Consumer a Business-to-Human: perché e come evolvere

La tecnologia da un lato e l’uomo dall’altro; come si conciliano le parti e come stanno reagendo le aziende di fronte all’evoluzione della relazione Business-Consumer?

La customer experience (CX) può essere definita come il modo in cui i clienti percepiscono l’interazione con il brand, prima, durante e dopo l’acquisto. Non rappresenta un’interazione singola e istantanea ma una serie di momenti la cui durata persiste fintanto che il cliente può essere definito tale. L’utente durante le prime fasi del processo d’acquisto interagisce con il brand attraverso diversi canali, fisici e digitali, prima di decidere se diventare un cliente oppure no. Nelle successive fasi di fruizione del prodotto o servizio, la CX risulta essere ancora un elemento chiave per la fidelizzazione: un cliente soddisfatto, oltre ad essere propenso ad un secondo acquisto, parlerà con entusiasmo e sarà più orientato a raccomandare il brand ad altri utenti.

Umanizzare la customer experience attraverso il digitale è possibile ma serve un cambio di paradigma

“La prima cosa da fare per rendere i progetti di digitalizzazione un successo è renderli più umani; è infatti necessario digitalizzare prima la fiducia e non i prodotti”. Con questa affermazione si è aperta la sessione “B2Human”, durante l’IBM Think Summit 2019 di Milano, dedicata ai trend evolutivi del rapporto tra domanda e offerta in ambito consumer.

Le tecnologiche digitali e le loro applicazioni innovative hanno completamente stravolto le dinamiche sociali e i mercati ridefinendo il modo con cui le persone ricercano, acquistano e fruiscono di prodotti e servizi dal mercato. È opinione nota e ampiamente diffusa che il valore di un prodotto o servizio si alimenta non solo attraverso il contenuto ma anche con l’esperienza complessiva che un cliente matura relazionandosi con il brand. Sarà la persona, acquirente sì ma contestualmente giudice dell’esperienza stessa, che ne decreterà il successo o il fallimento. Il consumatore, meno cliente e più persona, è attento, esigente e per ‘poco fedele’; è in costante ricerca di contenuti in grado di soddisfarlo, non solo dal punto di vista razionale, ma anche emotivo.

Di fronte a questa figura di consumatore evoluto, i manager riscontrano maggiori difficoltà a definire processi d’interazione in linea con le aspettative; per porre rimedio a tale situazione le aziende devono mettere in discussione non solo le loro strategie ma l’intero modello di business e le tecnologie che lo supportano.

 

I comportamenti degli utenti-clienti impongono alle aziende di rivedere il proprio modello di business

Secondo i dati presentati nel C-Suite Study 2018 dall’IBM Institute for Business Value, è possibile identificare tre tipologie differenti di figure manageriali in grado di rivalutare il modello di business aziendale per rispondere meglio alle esigenze degli utenti: Reinventor, Practitioner e Aspirational.

Reinventor

Rappresentano il 27% del campione analizzato – hanno reindirizzato le loro risorse per raggiungere nuovi obiettivi, ampliando le relazioni con i partner di business e acquisendo valore dagli ecosistemi. Prestano molta attenzione alle capacità delle persone e hanno provveduto a ristrutturare le loro organizzazioni, non solo da un punto di vista tecnologico ma anche culturale, incoraggiando la sperimentazione e alimentando lo sviluppo di nuove idee. Sono più avanti di tutti gli altri nella co-creazione e nella collaborazione con clienti e partner; sanno come sfruttare i dati e traggono beneficio dalle informazioni aggregate derivanti da essi.

Aspirational

Rappresentano il 36% della base dati – hanno un approccio equilibrato che consente loro di gestire contemporaneamente il processo di digitalizzazione della loro azienda e di sapersi ri-orientare rapidamente per cogliere nuove opportunità lungo il percorso. Le maggiori sfide per questi profili e per le loro organizzazioni sono: avere una vision e una strategia chiare, disporre di capacità di esecuzione e risorse adatte a supportarla, in particolare dipendenti talentuosi e partner affidabili.

Practitioner

Rappresentano il 37% del totale – non hanno ancora compreso come abbinare le ambizioni con il proprio operato. Oltre la metà ha in programma di valutare e attuare nuovi modelli di business nei prossimi anni. Alcuni sono pronti ad assumersi maggiori rischi per “rimettersi in gioco”, ridefinendo le logiche di competitività del mercato di appartenenza o entrando in altri. I Practitioners stanno prendendo in considerazione uno dei modelli business definito maggiormente radicale: il modello di business piattaforma.

 

Nuovi modelli di business che dettano nuove modalità di interpretazione del ruolo dell’IT

L’innovazione del modello di business, divenuto una parte fondamentale delle strategie aziendali, va di pari passo con l’evoluzione tecnologica necessaria per mantenere o superare il ritmo della concorrenza e per restare allineati ai cambiamenti normativi che alterano continuamente il panorama globale.

Le piattaforme digitali SaaS, evolute per supportare i modelli di business emergenti, consentono di introdurre nuove funzionalità digitali a supporto delle persone (interne oppure esterne all’organizzazione) in modo estremamente rapido, attraverso l’utilizzo di strumenti agili e scalabili.

Una strategia d’innovazione che preveda servizi digitali innovativi, erogati secondo un modello piattaforma può aiutare le organizzazioni ad aumentare l’efficienza operativa, migliorare le relazioni con i propri partner e gestire una CX multi-livello in grado di riportare i bisogni degli individui al centro.

Le aziende che per prime hanno saputo rivalutare il proprio posizionamento e modello di business e hanno sfruttato il digitale per evolvere verso processi più efficienti e snelli sono un benchmark importante per il mercato e un riferimento per i manager dell’innovazione.

 

A cura di Luca Spina – Chief Marketing Officer, Intesa (Gruppo IBM)

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